domenica 29 aprile 2012

"Lo scafandro e la farfalla" e il senso della vita.

Guardando il film " Lo scafandro e la farfalla" è facile mettersi nei panni del paziente (dal momento che il regista ha giocato con le inquadrature e lo spettatore guarda con l'occhio del malato stesso): la cosa che più mi ha colpito è la difficoltà di chi è stato in coma per un pò di tempo a riprendere contatti con la vita, anche le cose più "naturali" come parlare e scrivere risultano impossibili da fare (parlo di impossibilità perchè il protagonista del film nonostante le continue terapie non riacquisterà l'autonomia). Mi sono chiesta allora quale sia il significato della vita per chi si ritrova all'improvviso a non poter badare a se stesso. Spesso ho pensato che la capacità di esprimersi (parlando o scrivendo) e di comunicare qualcosa agli altri sia la base della vita,siamo vivi finchè comunichiamo con il mondo. Il protagonista del film  in effetti vive fino a pochi mesi dopo la pubblicazione del suo libro e spesso il fatto di non poter parlare (con i figli e con il padre per esempio) erano motivo di dolore. Il "voglio morire" che fa scrivere alla dottoressa su un foglio e la reazione di quest'ultima mi ha fatto inoltre riflettere sull'importanza che ha per il malato la speranza della guarigione e come cambia il senso della vita di ognuno quando si è resi quasi dei vegetali dalla malattia ma nello stesso tempo mi chiedo dove inizia l'accanimento terapeutico e dove invece si può parlare di riabilitazione. Nel film il paziente doveva sbattere gli occhi in modo diverso a ogni lettera pronunciata dall'infermiera per fare capire le parole che avrebbe voluto pronunciare ma questa pratica gli costava un'immensa fatica e forse più frustrazione del silenzio che irreversibilmente lo avvolgeva perchè ogni parola non detta era una sconfitta, significava non sentirsi più uomo dato che ciò che ci distingue dagli altri esseri viventi è la parola.

4 commenti:

  1. anche io ho visto lo scafandro e la farfalla, è un film bellissimo....e strano vedere come può cambiare la vita di qualcuno quando si trova a lottare contro la malattia...in questo film si può notare come la vita di qualcuno che sembrava perfetta si può trasformare in una vita piena di sofferenza e si trava a riflettere sul senso della sua vita si nota anche come un semplice saluto per lui può essere segno di dolore..però si è potuto vedere anche come con la forza l'animo il paziente è riuscito a lasciare un suo segno di se scrivendo un libro pieno di emozioni...(questo film secondo me ci deve far riflettere molto sul senso della vita...e anche sul fatto che le cose che possono sembrare semplici e banali sono qualcosa d'importante)

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  2. Ho scelto anch'io di vedere questo film, che mi ha colpito incredibilmente. Non conoscevo l'esistenza della sindrome "locked-in", né tantomeno immaginavo che potesse fare il suo esordio in maniera così improvvisa, in circostanze apparentemente normali.
    Lo "scafandro" in cui si trova metaforicamente prigioniero il protagonista del film affetto improvvisamente da questa sindrome, non pregiudica però la leggerezza della sua fantasia, la velocità del suo pensiero né gli preclude il godere della dolcezza dei ricordi: la "farfalla" che gli è rimasta.
    Ammiro la sua forza d'animo, e come, nonostante il suo handicap, trovi il modo di comunicare con gli altri e scriva addirittura un libro dei suoi ricordi migliori tramite il "codice" a battito di palpebra.
    Ma proprio quando le numerose terapie riabilitative sembrano dare qualche risultato, e il protagonista riesce a comunicare in qualche modo tramite dei grugniti, si ammala gravemente di polmonite e ripiomba nella disperazione sentendosi definitivamente sconfitto: "Come un marinaio che vede scomparire la costa da cui è salpato, io vedo il mio passato che si appanna, che si riduce sempre di più nelle ceneri del ricordo". Quindi muore, proprio poco dopo aver saputo le opinioni positive della critica sul libro che aveva pubblicato.

    Penso che ciascuno di noi possa solo immaginare il dolore di ritrovarsi in una situazione del genere, il dover convivere con il rimpianto di non aver vissuto appropriatamente la propria vita. Questo non può non farci riflettere sulla nostra condizione di "privilegiati", anche solo perché siamo in grado di spostarci autonomamente e poter comunicare in maniera semplice e naturale con gli altri, e possiamo affrontare quelle piccole cose che consideriamo tanto normali. Tutte cose che, per quanto semplici, sono praticamente precluse allo sfortunato protagonista del film (purtroppo si tratta anche di una storia vera).
    Inoltre, secondo me, non è propriamente vero che ciò che distingue l'uomo dalle altre creature è la parola in sé. Tutti gli animali e persino i vegetali comunicano in qualche modo con gli altri, anche se in maniera elementare: il protagonista riesce a comunicare anche se non parla, anche se non ha il controllo dell’intero suo organismo, solo col battito delle palpebre. La comunicazione è quindi estremamente difficoltosa ma basta a “mantenere vivo” il personaggio, a farlo stare “attivo” mentalmente, tanto da portarlo a scrivere un libro.
    Ritengo che tali situazioni siano differenti dai cosiddetti "stati vegetativi", in quanto il protagonista è pienamente cosciente, e la sua mente è più viva che mai, egli non prova dolore fisico, ma un'estrema sofferenza psicologica. Nonostante tale malessere
    egli non desidera la morte : il protagonista non si sarebbe mai ucciso. Riusciva a “volare” con la sua fantasia e questo alleviava le sue pene interiori e dare un senso alla sua esistenza.

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  3. Ho preso visione del film lo "scafandro e la farfalla" e ciò ha suscitato in me una profonda riflessione sul senso della vita... Il protagonista ha avuto una grande forza di volontà che ha influito addirittura sulla produzione di un libro, ricorrendo a un unico mezzo di comunicazione con il mondo: il battito della palpebra sinistra, non a caso il battito delle ciglia ricorda il battito delle ali di una farfalla che si trasforma in lettere. E poi un'altra cosa che mi ha colpito è stata la sua straordinaria immaginazione che lo faceva volare, come una "farfalla", nei ricordi più belli del suo passato.

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  4. Non ho visto il film, ma ho letto le vostre riflessioni. E ho potuto fare la mia.
    Il senso della vita per chi si ritrova a non badare più a se stesso, secondo me, è il riuscire ancora a lottare,il poter usare l'immaginazione e il voler lasciare un segno,nonostante le sofferenze; nonostante il dolore.

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