giovedì 3 maggio 2012

"Tenerla in vita è come ucciderla"

La frase che da il titolo a questo post è tratta da Million Dollar Baby, film di cui oggi abbiamo visto uno spezzone. Mi ha colpito molto e nonostante avessi già visto il film in passato  alla luce delle riflessioni delle ultime lezioni oggi l'ho visto sotto una prospettiva diversa.Questa frase mi fa pensare a cosa voglia dire veramente permettere a una persona di vivere e di conseguenza cosa voglia dire toglierle la vita. Una risposta a queste domande l'ho avuta pensando a una frase di una grande donna di scienza,Rita Levi Montalcini, che ha affermato: "Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita." Qual è la relazione tra questa frase e la frase tratta invece dal film? Secondo me il filo rosso che lega entrambe le citazioni è che spesso si parla di eutanasia vedendola semplicemente come un mezzo per togliere la vita, ma non è propriamente questo, secondo me. Bisognerebbe prima di dire "NO" all'eutanasia chiedersi perchè una persona voglia morire, forse lo vuole semplicemente per smettere di "morire vivendo". Respirare con l'aiuto di macchine, essere bloccati in un letto di ospedale, non poter parlare o comunicare in alcun modo con la propria famiglia, i propri amici, non poter svolgere alcun tipo di attività che ci permetta di sentirci vivi.. mantenersi in vita in queste condizioni può davvero essere paragonato a sentirsi in vita? Togliere le sofferenze (intese come sofferenze morali, psicologiche e non tanto fisiche), permettere una dolce morte a chi potendo scegliere liberamente di morire nel caso si trovi in queste condizioni può essere chiamato omicidio? Non credo, anzi io penso che mantenere in " vita" una persona ridotta in un determinato stato, mantenerla in "vita" contro la sua volontà voglia dire ucciderla. Voglia dire fargli aggiungere giorni alla vita, ma non abbia niente a che fare con l'aggiungere vita ai giorni. 

15 commenti:

  1. Anche io sono stata colpita dalla frase che dà il titolo al tuo post e sono d'accordo sul fatto che ritrovarsi in quello stato non può considerarsi vita pienamente. Cito un'altra frase del tuo post che mi ha fatto riflettere: "penso che [..] mantenerla in "vita" CONTRO LA SUA VOLONTA' voglia dire ucciderla"; c'è chi crede che non può decidere il singolo se morire o no per esempio chi ha fede crede che sia Dio a dover scegliere quando è giusto che i nostri giorni finiscano ( lo stesso prete nel film espone questa tesi) ma in una visione laica andrebbe rispettata la volontà individuale (includendo non solo la volontà del malato ma anche di chi deve decidere se "aiutare a morire" oppure no). Vedere che una persona cara soffre suscita sentimenti ben più forti di quelli religiosi (infatti l'allenatore pur essendo da sempre un uomo di chiesa va contro la normativa religiosa e pratica l'eutanasia). Inoltre vorrei aggiungere un pensiero sul fatto che il prete dice all'allenatore che quest'ultimo, dopo aver compiuto il gesto, avrebbe provato un senso di smarrimento. Filosofi di un tempo affermavano che la religione nasce come "bisogno dell'uomo" e quando l'uomo perde dei valori in cui ha sempre creduto entra in una sorta di nichilismo e di perdita di senso.

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    1. condivido con voi lo stesso pensiero e aggiungo anche una mia riflessione. ho visto tutto il film e l'ho trovato drammatico e struggente. Capolavoro di Clint Eastwood, parte come pellicola incentrata sulla boxe ma si rivela in realtà una storia che ha la boxe solo come filo conduttore. Magistrale il ruolo di Eastwood nell'uomo duro ed ermetico, che dopo una vita vissuta sul ring non si sente accettato, ne dalla sua famiglia ne dalla religione, e che cerca infruttuosamente la tranquillità lontano dalla misera palestra che condivide con il suo unico amico,Scrap, anche lui reduce da una vita travagliata dedicata alla boxe. Qui irrompe Maggie, ragazza dalla vita difficile che lotta contro la miseria e il suo sentirsi sconfitta e senza speranze, legata alla sua unica passione, la boxe. Il non lieto fine è una riflessione toccante e lacrimevole sull'eutanasia, e sulla volontà di smettere di soffrire di una ragazza che ha avuto la sua occasione.

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  2. "Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita" Questa frase che citi Annamaria Lia mi consente ti esprimere un'altra riflessione; io penso che la causa di sofferenza e, di conseguenza, la voglia di una "dolce morte", non sia dovuta solo ed esclusivamente all'incapacità di comunicare e/o di movimento. Senza ombra di dubbio questi fattori influiscono molto sulla "qualità della vita", ma, riflettendo anche su una frase della madre della protagonista dello spezzone di film proiettato ("ERI una brava figlia"), sono giunta alla conclusione che causa di sofferenza è anche la consapevolezza di non essere, agli occhi delle persone care, le stesse persone dei momenti antecedenti alla malattia o, addirittura, di sentirsi già morti per loro. Che senso ha vivere sentendosi un peso per le persone che ci sono vicino? Sentendo di non essere più considerati persone (dai cari e dal personale medico)? Concordo pienamente sulle riflessioni fatte e sostanzialmente vorrei proporne una nuova: si può aggiungere vita ai giorni di persone immobilizzate in un letto? La vita è correlata solamente al movimento fisico o è possibile vivere comunque, se consapevoli di essere ancora amati? Ribadendo che sono assolutamente favorevole all'eutanasia e al "diritto di morire", mi chiedevo semplicemente se in molti casi la sofferenza non sia dovuta solamente alla malattia in sè e alle limitazioni fisiche, ma anche alla mancanza di affetto, che potrebbe essere colmata attraverso maggiori attenzioni.

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    1. Credo che la frase riportata da te Ilaria sia emblematica e ancor più significativo è lo spezzone in cui tutti i parenti vanno a trovarla in ospedale (dopo giorni passati in un parco divertimento) per poter "mettere a sicuro" i suoi soldi e il fratello addirittura parla della bara... Ma Maggie è forte ed è abituata a stendere tutti al primo round così decide di non firmare...Secondo me le cure di parenti o comunque persone care possono in qualche modo "alleviare" il dolore provato dalle persone..ad esempio nel caso di Welby che dichiarò che la moglie lo teneva così impegnato da quasi fargli dimenticare la malattia

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  3. Leggere i commenti mi ha spinto a fare un'ulteriore riflessione. Si parla di volontà individuale di chi decide di aiutare a morire, ma io credo che questo compito non dovrebbe spettare a chi è emotivamente coinvolto. Non dovrebbe essere l'allenatore, nel film, a fare l'iniezione alla ragazza. Se si potesse parlare di testamento biologico a quel compito dovrebbero assolvere medici non parenti(Uso volontariamente il termine parenti per parlare dell'allenatore perchè quello che emerge dal film, ma anche, in alcuni casi, dalla vita di tutti i giorni, è che spesso i legami che si creano,che si scelgono, sono molto più forti e più veri di quelli "di sangue" ), in quanto il medico in quel momento sarebbe portato a rispettare solo la volontà del paziente sentendo molto meno l'eventuale senso di colpa, a cui faceva riferimento il prete, di quanto non lo potrebbe una persona vicina al malato. Condivido poi pienamente la riflessione di Ilaria, e mi viene in mente come nel libro scritto dalla moglie di Piergiorgio Welby lei parlasse di tutti i suoi tentativi per far sentire vivo il marito nonostante la malattia, la consapevolezza di avere qualcuno vicino che riesce non solo ad amare ma anche e soprattutto a dimostrare l'amore certo renderebbe possibile aggiungere vita ai giorni anche in persone immobilizzate in un letto. Ma, purtroppo, spesso sono lo smarrimento e la paura di fronte alla malattia a prevalere.

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  4. Recentemente ho avuto modo di guardare“Parla con lei”,uno dei tanti famosi film di Pedro Almodovar;in tutte le sue pellicole,il regista affronta importanti tematiche che sono diventate ormai oggetto di accese discussioni che avvengono negli studi di noti programmi televisivi o,più semplicemente,tra i componenti di una famiglia che la pensano in modo diverso.
    Uno dei temi affrontati dal produttore è sicuramente quello dell’eutanasia;infatti,due sono le persone all’interno del film che sono entrate in uno stato di coma e una di esse viene curata da un’infermiere che ormai da quattro anni non fa altro che recarsi in ospedale per starle vicino e parlare con lei.
    L’amore che prova nei suoi confronti è davvero grande,cosi grande da spingere l’uomo ad avere un rapporto sessuale chiaramente non consenziente e a decidere poi di sposarla mentre lei si trova ancora in coma.
    “Vuoi sposarla?Non puoi sposarla,lei è in coma!Non puoi perché lei non è in grado di dire “si” con nessuna parte del suo corpo!Non puoi perché la vita vegetativa non sappiamo se possiamo chiamarla vita.”Questo è un frammento del film che io ritengo il più significativo perché mette in evidenza il fatto che la donna,essendo in coma,non può svolgere le abituali azioni che ognuno di noi fa tutti i giorni:mangiare,parlare e confrontarsi con gli altri,trascorrere del tempo con i proprio cari al di fuori di un ospedale …
    Anche dopo aver visto “Lo scafandro e la farfalla”,in cui il protagonista si ritrova in un letto d’ospedale costretto a comunicare col mondo esterno tramite i soli occhi che spesso dicono “voglio morire”,la mia posizione favorevole (per quanto dura possa essere)riguardo l’eutanasia è sempre più stabile;
    credo che il ruolo del medico non sia solo quello di permettere al paziente una buona guarigione,ma,in alcuni casi,deve saper assicurargli anche una buona morte per procurargli meno dolore possibile nel momento in cui le sue condizioni di salute sono ormai pessime.
    Credo che Il diritto di vivere, inteso come fonte di tutti i diritti, in determinate circostanze include anche il diritto di morire perché come dice Pablo Neruda nei suoi versi “… essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.”

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  5. "La gente muore ogni giorno Frankie, mentre lucida il pavimento o lava i piatti.Sai qual è il loro ultimo pensiero? Non ho mai avuto un'occasione.Invece grazie a te Maggie ce l'ha avuta, e se morisse oggi sai quale sarebbe il suo ultimo pensiero? Ho avuto l'occasione che volevo.Morirei in pace se fossi in lei."
    questa è stato il discorso che mi ha colpito molto.Nel suo caso stare li, in un letto di ospedale,paralizzata e con una gamba che "le avevano portato via" non era più vita secondo me...
    "Buona vita vuol dire tanta vita?"

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  6. Sono stata colpita anch'io dall'ultima parte del film visto a lezione, che mette bene in luce le differenze tra dolore e sofferenza, e dalle vostre riflessioni.
    Credo ci siano diversi fattori in gioco che portino a vedere l'eutanasia sotto punti di vista diversi. Non è solo il dolore fisico a spingere una persona a scegliere di morire; a mio avviso la mancanza di affetto aumenta la sofferenza. Perché la sofferenza non si può misurare,va raccontata e ascoltata. Nel film l'allenatore dimostra di avere queste qualità:sa ascoltare le sofferenze di Maggie, sa darle affetto.
    "-Maggie: Si sono presi la gamba, capo.
    - Frankie: Non ci pensare, mi senti?
    - Maggie: Io la sento sempre. "

    Ma se ogni tipo di affetto scompare, se una persona si ritorva da sola, allora che senso ha vivere da soli col solo dolore?
    Che senso ha cercare di combattere e resistere al dolore se non c'è nessuno disposto a convidere le tue scelte e la tua stessa forza? Tanto vale smettere di soffrire se non c'è nessuno a cui poter raccontare.
    Tolstoj diceva che si muore quando non riusciamo a mettere più le radici in altri. Allora si sceglie di morire quando gli altri non più intorno a noi non VOGLIONO ascoltare. Si PUO' scegliere di morire quando aggiungere altri giorni alla vita non farebbe altro che annullare tutta la vita dei giorni passati lasciando solo dolore su dolore.
    Eutanasia vuol dire consapevolezza e coraggio. Perché bisogna saper scegliere.

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  7. Io volevo porre la situazione su un piano un po' diverso...cercando di calarci in una situazione come quella del film, ma con un contesto familiare "perfetto", una famiglia intorno, un affetto sovrumano, un'amore materno sproporzionato, attenzioni di ogni genere e da parte di tutte le persone care.. una persona in quel determinato stato riuscirebbe a VIVERE di solo "Amore"???? Riuscirebbe a superare il dolore e la sofferenza che lo affliggono??? A Maggie manca l'amore di una vera famiglia, ma non è sola, l'allenatore si prende cura di lei come nessun altro sarebbe riuscito a fare eppure Lei non riesce a vivere di solo amore! La sua sofferenza va oltre, si sente "limitata", come un peso, pur essendo amata in maniera incontrollata dall'allenatore, pur avendo in quella situazione LUi come colonna portante, come suo punto di riferimento! Ognuno di noi è quello che è non solo per le proprie azioni, ma soprattutto per quello che riesce a dare agli altri e Maggie ormai si sente inutile, quasi come incapace di donare qualcosa! Non riesco a calarmi perfettamente in una situazione del genere, a parole sembra tutto cosi' semplice ma nella realtà non è mai cosi'! In una situazione del genere non so' se sarei capace di far diventare la volontà di un altro la mia volontà, non so se la penserei proprio come Kant " L'amore è sottomettersi alla volontà di un altro!" ........

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  8. Ho letto tutti i vostri commenti e le vostre impressioni sul film e in generale sui motivi che inducono all'esercizio dell'eutanasia. Condivido le vostre opinioni e intendo soffermarmi su UN concetto cardine che , per me , rappresenta un problema molto serio. Faccio riferimento al rapporto , al binomio, che alcuni potrebbero a priori considerare antitetico,EUTANASIA - FEDE. Alcuni, se non la maggior parte, ritengono che l'adesione ad una prospettiva religiosa o meglio la professione di una FEDE , che presuppone la credenza nell'esistenza di un Dio, un Entità superiore, non possa assolutamente conciliarsi con la possibilità di dichiararsi favorevole all'eutanasia. Secondo me sarebbe opportuno distinguere tra la posizione tuttora caratteristica della Chiesa, intesa come l'insieme degli ordini religiosi e la gerarchia episcopale, che è quella assolutamente contraria all'esercizio della "dolce morte" e tra l'atteggiamento problematico o talvolta anche favorevole nel mettere in pratica quel principio. E' giusto rinunciare alla cessazione delle proprie sofferenze perchè occorre aderire sistematicamente a quel piano provvidenziale che implica la totale sottomissione a un Dio PADRONE? Oppure bisogna seguire il proprio cuore e compiere una vera scelta di fede? Il coraggio di un malato che improvvisamente viene a trovarsi in uno stato vegetativo permanente non è quello di accettare inconsapevolmente e amaramente la malattia , la situazione di sofferenza e di dolore , quasi come fosse un ostacolo invalicabile.Il paziente, piuttosto, dovrebbe forse essere animato e rincuorato dalla fede in un Dio misericordioso che ci ama, che non ci abbandona mai,al quale ci si può sempre rivolgere e nel quale si possono riporre le proprie speranze."Sentire" e avvertire costantemente la presenza intramontabile di un Essere Superiore , tuttavia, non deve sistematicamente indurre all'adeguamento alla "condanna" a cui lo stato vegetativo ha portato. Secondo me, dovrebbe essere proprio la fede ad aprire gli occhi della mente e quelli del cuore per compiere con vero spirito di consapevolezza la scelta più giusta : continuare a vivere ossia non porre fine al dolore fisico e dell'animo o scegliere di dire basta al dramma della malattia ! Sia nell'uno che nell'altro caso , secondo il mio modesto parere, la scelta è frutto di una forza interiore e di un preziosissimo sentimento di fede che Dio apprezzerà come atto di immensa responsabilità e coscienza di se stessi.

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    1. Poni il caso che il malato abbia espresso consapevolmente e definitivamente la volontà di cessare le proprie sofferenze. Secondo te è giusto concederglielo? Se il malato questa forza non la trova e, anzi, trova la forza di decidere di smettere di soffrire, perchè privarlo di questa possibilità?

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    2. e' esattamente quello che intendevo dire. Nessuno dovrebbe essere privato della libertà di decidere sulla propria vita. In entrambi i casi però, sia che compia una scelta consapevole, sia che trovi la forza di decidere sulla propria condizione , avrà avuto la SUA possibilità. Dovrebbe poter essere il malato stesso a compiere la sua scelta e a decidere sul proprio destino e , ripeto, qualunque sia la sua decisione,rappresenterà sempre il risultato della sua volontà.

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  9. La frase:"Meglio aggiungere vita ai giorni,che non giorni alla vita" mi colpisce molto perchè è ricca di significato.La vita è un dono meraviglioso ed è giusto vivere a pieno i nostri giorni e pensare che non tutte le persone sono state fortunate ,c è molta gente nel mondo che soffre perchè è costretta a causa della malattia a stare immobile in un letto di ospedale ,a non poter respirare autonomamente ma per mezzo di macchinari,a non poter parlare,a non poter "vivere la vita appunto".

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  10. « Il definire la natura dell'entità chiamata vita è stato uno dei maggiori obiettivi della biologia. La questione è che vita suggerisce qualcosa come una sostanza o forza, e per secoli filosofi e biologi hanno provato ad identificare questa sostanza o forza vitale senza alcun risultato. [...] In realtà, il termine vita, è puramente la reificazione del processo vitale. Non esiste come realtà indipendente.[2] »
    (Ernst Mayr)



    Il termine "eutanasia" significa letteralmente "buona morte" ed è il procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte la morte di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia menomazione o condizione psichica.Il termine iniziò ad avere corso comune a partire dalla fine del XIX secolo, a indicare un intervento medico tendente a porre fine alle sofferenze di una persona malata.

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  11. Vorrei soltanto riportare un'altra frase in cui si evince la consapevolezza della scelta di Maggie "mio padre diceva sempre che avevo lottato per venire al mondo e che avrei lottato fino alla morte. È quello che voglio fare, ma non voglio lottare contro di lei. Ho avuto quello che volevo. Ho avuto tutto. Non permetta che mi venga portato via. Non mi lasci sdraiata qui finché non sentirò più la voce dei miei tifosi"

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