martedì 26 giugno 2012

La ricerca per l'uomo o l'uomo per la ricerca?



Trenta bambini sono nati grazie ad una nuova tecnica di fecondazione artificiale: nuova, ma davvero shockante. Infatti si è saputo che al St. Barnaba Institute for Reproductive Medicine del New Jersey (USA) alcuni ricercatori hanno permesso a donne sterili, a causa di un difetto degli ovociti, di avere dei figli. La procedura, definita "ooplastic transfer", è teoricamente semplice, perché si è intervenuto con la sostituzione dei mitocondri cellulari difettosi, responsabili della sterilità. La cellula uovo, come ogni altra cellula, è costituita da un nucleo che è attorniato da numerosissimi organelli denominati mitocondri: nucleo e mitocondri sono racchiusi dalla membrana cellulare ed insieme formano l'ovocita. 
I ricercatori hanno prelevato alcuni mitocondri dagli ovuli di donne sane e li hanno trasferiti nelle cellule di donne infertili. Successivamente è avvenuta la fecondazione - in vivo o in vitro - e quelle donne hanno potuto avere un bambino. A quei ricercatori deve essere apparso come un notevole progresso della scienza, ma da molte parti si sono alzate voci allarmate per il nuovo limite etico superato. Infatti, i mitocondri sono piccole strutture che contengono geni, e quindi DNA, e trasmettono dalla madre al figlio i cosiddetti caratteri ereditari: inserire nuovi mitocondri nella cellula uovo comporta conferire nuovi caratteri al figlio. 
Siamo giunti alla tanto temuta genetica alterativa? Alla fine anche l'uomo è stato geneticamente modificato come alcune specie vegetali? R. Colombo docente, dell'Università Cattolica, ha giustamente precisato che non ci troviamo di fronte ad un interevento di ingegneria genetica alterativa, perché non è stato modificato alcun gene. Tuttavia, egli stesso ha aggiunto che l'esperimento resta ugualmente grave da un punto di vista scientifico ed etico. In definitiva, quel figlio si trova ad avere un padre e due madri biologiche, perché il suo DNA mitocondriale e, pertanto, i suoi geni risultano composti da quello di due donne oltre che da quello del padre. 
La comunità scientifica internazionale ha accolto con grande severità il nuovo intervento del New Jersey perché non c'è nessuna prova che questo sia un possibile trattamento valido per la sterilità femminile. Secondo lo scienziato inglese Winston è assai pericoloso introdurre in un individuo una parte estranea di DNA, cioè di un segmento d'informazioni genetiche che potrà essere trasmesso alle future generazioni. 
In Italia, secondo G. Berlinguer, presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, determinare le caratteristiche che entrano nel patrimonio genetico di una persona e che verranno trasmesse anche alle generazioni future contrasta con la libertà e la dignità umana. Preoccupato è anche R. Colombo per il quale c'è il rischio che i geni mitocondriali, dopo quell'intervento, risultino sbilanciati e divengano la causa di malattie riguardanti l'apparato muscolare e neurologico. In altre parole, non siamo sicuri che quei bambini siano in realtà sani. 
Ora, al di là di tutte le censure etiche e scientifiche, l'esperimento del New Jersey resta paradigmatico perché pone una domanda fondamentale: si deve porre un limite alla ricerca? La domanda è di grande attualità, perché recentemente in Italia un partito politico ha messo nei suoi programmi proprio l'impegno a liberalizzare, più di quello che non sia già, la ricerca scientifica. Dal momento, poi, che l'aspirazione alla libertà - in qualunque senso sia orientata - trova sempre sostenitori, alte cariche dello Stato si sono mostrate solidali con questa istanza. 
Che cosa rispondiamo? Con realismo affermiamo che, da un punto di vista etico, la ricerca non è un fatto di per sé neutro. È un agire già buono o cattivo in partenza, perché è specificato dai mezzi scelti ed è sempre carico di conseguenze. H. Jonas, filosofo contemporaneo, ha fatto chiarezza su questo punto perché ha dichiarato che la ricerca scientifica di oggi è radicalmente diversa da quella del passato: ieri si poteva, forse, conoscere in teoria e, poi, verificare nella pratica le proprie teorie. Oggi, no! Infatti si conosce applicando e coinvolgendo molte volte l'uomo in tali studi. 
Jonas invitava i ricercatori ad assumere una grande prudenza, perché - diceva - tante volte si arriva ad un punto delle proprie sperimentazioni dove essi avvertono che si può ancora proseguire, ma per il bene dell'uomo, presente e futuro, devono decidere di fermarsi. Al mondo scientifico è richiesta una grande responsabilità per distinguere ciò che è tecnicamente possibile, da ciò che è moralmente bene; ancora, è richiesta una moderazione non solo nel volere fare, ma anche nel voler conoscere a tutti i costi. 
In questo senso la ricerca scientifica ha e deve avere un limite, perché lucidamente s'interroga se stia promovendo davvero il bene dell'uomo e di ogni uomo o, se al contrario, ne offenda la dignità, anche solo di alcuni. Allora, il giudizio etico non è qualcosa di cosmetico o di fastidioso, aggiunto dall'esterno, ma appartiene alla verità stessa della ricerca e rivela la sua fedeltà all'uomo. 
Negare un limite antropologico ed etico alla ricerca significa consegnare nelle mani di pochi un potere assoluto nei confronti dei più indifesi, quali sono per esempio gli embrioni.

1 commento:

  1. Sono del parere che come molti altri casi già visti, questo del trasferimento di mitocondri in "cellule uovo difettose" sia il solito pretesto per discutere sempre della stessa questione etica irrisolvibile. Ogni qual volta la ricerca scientifica fa un grande passo del genere come conseguenza sorge la questione su quanto sia moralmente ed eticamente corretto questo tipo di "sperimentazioni". Il problema non è trasferire organelli cellulari, per poter permettere a chi, a causa di questa disfunzione non può avere la possibilità di concepire, oppure porre un Limite alla ricerca scientifica, bensì delimitare quello che è il confine del giusto, cioè capire finchè tale ricerca è corretta. Perchè una ricerca finalizzata al bene dell' individuo, embrione o uomo, personalmente ritengo che sia sempre giusta. La domanda è : " non possiamo sapere quali saranno le conseguenze di tale intervento?"...ebbene credo che ciò faccia parte della ricerca, chi si mette nelle mani di quest' ultima, per cercare di migliorare la propria vita, ne accetta le condizioni.

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