venerdì 8 giugno 2012

RIFLESSIONI SUL PROBLEMA DELL'EUTANASIA

  RIFLESSIONI SUL PROBLEMA DELL'EUTANASIA




Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:
. di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento;
. di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
. di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente;
. di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
. di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza e osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione;
. di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale e alle mie doti morali;
. di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della categoria;
. di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
. di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica;
. di prestare assistenza d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'Autorità competente;
. di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto;
. di astenermi dall' "accanimento" diagnostico e terapeutico;
. di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato.


Il giuramento di Ippocrate , sopra esposto,  in particolare ,  le frasi  :
. di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
. di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente;
. di astenermi dall' "accanimento" diagnostico e terapeutico;
oltre  agli altri articoli, del codice deontologico medico, certamente non danno spazio all’ eutanasia.
A meno che  non ci sia una legge  ,che dia la possibilità  ai medici e ai pazienti , in funzione di determinate condizioni  ,di  compiere tale operazione .
M a una legge  deve tenere conto di tantissimi fattori , in particolare : ambito morale, religioso, legislativo, scientifico, filosofico,politico ed etico.

La Chiesa cattolica, è contraria ad ogni forma d'eutanasia attiva od omissiva, mentre incoraggia il ricorso alle cure palliative e ritiene moralmente accettabile l'uso di analgesici, per trattare il dolore, anche qualora comportino − come effetto secondario e non desiderato − l'accorciamento della vita del paziente.

Purtroppo , trovare un accordo e un equilibrio tale per praticare  L’EUTANASIA in un modo corretto è molto difficile , anche se negli ultimi anni qualcosa si sta muovendo , in funzione del CASO WELBY completamente paralizzato per la distrofia muscolare , un malato grave che  con lucidità ha chiesto la sospensione delle terapie di sostegno respiratorio, costituite negli ultimi nove anni da una tracheotomia e da un ventilatore automatico ,  e dal caso,  Eluana Englaro ,da 16 anni in coma irreversibile, per il quale il padre chiedeva agli organi competenti l’autorizzazione a far  interrompere il mantenimento in vita .

A tutti i livelli ci sono state  reazioni ,sia politiche che  dall’opinione pubblica ,che dalla chiesa , che dalla categoria dei medici  ecc, ma  qualcuno si sarà mai chiesto che cosa sentiva dentro quel padre  che da 16 anni ,vedeva una figlia praticamente  senza vita , o di quell’uomo che  paralizzato da 9 anni  che essendo lucido  chiedeva di morire e di non soffrire ,  cosciente di essere  solo un peso e un calvario per i suoi cari?  La disperazione  di casi irreversibili gravi  dovrebbero essere vagliati e considerati nell’ambito dell’eutanasia , certamente in modo più oculato e corretto di come avviene in altri stati dove è diventata una pratica  legale ,  ma una cosa è certa ,  un cittadino dovrebbe essere libero  di poter decidere  come morire in caso di   malattie  che provochino sofferenze enormi senza  possibilità di soluzione.
Quindi, un testamento biologico  che   nei casi prescritti dalla legge, sia  autorizzativo ad effettuare tutte le prassi necessarie per portare il paziente ad una morte senza dolore , e nello stesso tempo  non pesare sulla coscienza  di  familiari e medici , in quanto non è stata altro che una sua scelta .

L’eutanasia , sempre gestita in funzione di leggi , etica e tutti i parametri necessari ,  deve essere intesa come un atto d’amore nei confronti di chi soffre e di chi gli sta accanto.

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