mercoledì 23 maggio 2012

Le conseguenze degli abusi di psicofarmaci

http://www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/ruoloter/rt112-09.htm
Questo link contiene molte informazioni riguardo gli studi di Kirsch l'autore del libro "le nuove droghe dell'imperatore" e soprattutto vengono descritte con accuratezza le conseguenze riportate dai farmaci antidepressivi. Si parla dell'effetto placebo e di come questo metta in discussione il valore curativo dello psicofarmaco.
Dopo aver letto le informazioni riportate dal link mi chiedo p perché è il mondo scientifico stia operando alla cieca mettendo sul mercato un medicinale che agisce su cause sconosciute...Per quanto tempo continuerà questa distorsione medica?

2 commenti:

  1. Riporto un pezzo dell'articolo che hai linkato:
    "...Una pratica psichiatrica basata esclusivamente sull'uso di farmaci non è altro che un aspetto di una più vasta cultura medica altrettanto basata, come Balint (1956) ci ha insegnato, su una concezione antiscientifica della malattia (vedi Migone, 2009), che ignora la psicodinamica dell'insorgenza della sintomatologia e le importantissime implicazioni del rapporto interpersonale (ironicamente, sono proprio gli RCT, bandiera della cultura scientifica, che hanno dimostrato in modo inequivocabile l'effetto placebo, cioè l'importanza dell'influenza del rapporto interpersonale). Come ci ricorda Silvio Garattini (2005) dell'Istituto Mario Negri, in un articolo sull'organo della Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO), purtroppo tutta la medicina subisce l'influenza di questa cultura basata sull'ottimismo esagerato per l'effetto dei farmaci. La formazione che ricevono gli studenti all'università, l'informazione dell'industria farmaceutica e la pressione dei pazienti sono tre forze che si coalizzano affinché questo stato di cose continui. Ogni giorno i medici italiani firmano 5 milioni di prescrizioni farmaceutiche, e 30.000 informatori farmaceutici, in una vera e propria "educazione continua in medicina", cercano di convincere i medici ad usare i loro farmaci non in modo neutrale, ma guidati dall'interesse aziendale il cui scopo è di aumentare il fatturato, non certo di fare beneficenza. Per varie pressioni, i farmaci vengono approvati quando sono ancora "immaturi", cioè quando non sono stati studiati a fondo, ed essenzialmente in rapporto alle tre caratteristiche di "qualità, efficacia e sicurezza", ma senza che vengano fatti studi comparati che dimostrino la loro superiorità rispetto a farmaci già in commercio. Così le case farmaceutiche decantano i propri farmaci sulla base di presunte proprietà minori che nulla hanno a che fare con la loro effettiva utilità. Va detto poi (come hanno dimostrato, tra gli altri, Kirsch et al., 2002a, Whittington et al., 2004, e Turner et al., 2008) che gli studi che non riescono a dimostrare l'efficacia di un farmaco spesso non vengono pubblicati. Uno dei motivi per cui una ricerca che non è riuscita a dimostrare l'efficacia di un farmaco può non essere inviata ad una rivista per la pubblicazione può dipendere dal fatto che ciò va contro gli interessi di chi ha finanziato la ricerca, che quasi sempre è la casa farmaceutica che produce quel farmaco..."
    Questa parte mi ha molto interessato, in quanto penso che riassuma molto bene ciò che avviene, in generale, nel rapporto medico-paziente. Sempre di più, difatti, il medico vede il proprio paziente come un "cliente" e, dunque, vede nel soggetto una mera fonte di guadagno economico. Il medico non si prende più cura delle sofferenze del proprio paziente, bensì si limita a guarire il dolore, prescrivendo farmaci anche quando, probabilmente, non necessari. Ciò è dovuto a molteplici fattori; come sottolinea questo spezzone del link che hai fornito, difatti, questa estrema fiducia nel farmaco scaturisce da diverse pressioni dirette o indirette delle case farmaceutiche. Inoltre anche il paziente non si sente più paziente, nel senso che, essenzialmente, quando si reca dal medico, lo fa per poter avere dei farmaci, oramai utilizzati anche per sintomi banali. Come emerso molteplici volte, purtroppo, gli interessi economici, in questi casi, prevalgono.

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  2. Ho avuto modo di vedere il film "Prozac Nation" un film del 2001 che non era piaciuto molto alle case di distribuzione.
    A parte questo il film è ispirato ad una storia vera, quella di Elizabeth Wurtzel e della sua lotta con la depressione.
    Il film è un susseguirsi di situazioni che una volta consolidate vengono fatte a pezzi, portando la protagonista in un vortice sempre più veloce verso un problema che solo i farmaci sembrano in grado di curare.
    Prozac è il farmaco in gioco.
    L'autrice del libro al quale il film si ispira rileva uno degli effetti del Prozac, che le ha salvato la vita ma che purtroppo sembra averle tolto la sua vera personalità.
    Il film non si "digireisce" facilmente, affronta comunque accuratamente il problema relativo agli psicofarmaci.
    Dalla visione di questo film e dai pensieri che mi sono fatta durante la lezione,mi chiedo: Può l'uso di un tale faramco essere davvero così utile? Quali sono i veri interessi che stanno dietro uno psicofarmaco? A mio avviso dietro il nome "Prozac" o di qualsiasi altro psicofarmaco vengono nascoste le verità, più che le cure antidepressive. Perché poi, può esistere davvero una cura alla depressione? Inevitabilmente prima o poi saranno le pillole a prendere il sopravvento sulla vita, e allora è meglio scegliere di "guarire" diventando un'altra persone oppure rimanere stessi e guarirsi con le proprie capacità?

    Io sono per la seconda, perché al tutto si aggiunge come avete detto anche voi l'interesse economico delle case farmaceutiche e la poca credibilità del farmaco.

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