giovedì 10 maggio 2012

"Progresso e scoperte scientifiche come patrimonio dell'umanità?"


Viviamo in un mondo che corre sempre più veloce, dove le nuove scoperte e invenzioni, tanti piccoli passi verso una comprensione sempre più vasta del mondo che ci circonda, sono ormai quasi all'ordine del giorno. Abbiamo raggiunto un grado di conoscenza impensabile fino a solo un secolo fa, e probabilmente la tendenza per i prossimi decenni sarà analoga. E' stata oggi trovata una cura per innumerevoli malattie un tempo considerate mortali e si può comunicare in un attimo con persone che si trovano in qualunque parte del mondo, solo per riportare qualche esempio. Tutto ciò è stato reso possibile dagli sforzi di ricercatori di ogni disciplina, persone che hanno dedicato la propria vita alla scienza, perseguendo i propri obiettivi nobilmente, e grazie ai quali è stata possibile una progressiva diffusione delle nuove tecnologie messe a disposizione. Nell'immaginario comune, le conoscenze così acquisite entrano a far parte di quelle dell'umanità intera, vanno ad aggiungersi a quelle accumulate fin dai tempi più antichi e diventano il punto di partenza per l'elaborazione di nuove tecnologie, che verranno messe al più presto a disposizione di tutti per poterne trarre beneficio. 


Ma è davvero sempre così? Chi può beneficiare veramente dei vantaggi ottenuti? Quanto contano veramente gli interessi economici in tutto ciò? 






Lo spunto per questa riflessione è stato la visione del film "In Time". "Tempo" è proprio la parola che si sente più spesso nella pellicola, il vero punto cardine della società immaginata, intorno al quale ruota ogni cosa. Il regista immagina che, al termine del ventunesimo secolo, si sia finalmente raggiunta quella che potrebbe essere considerata come una delle principali ambizioni dell'umanità, fin dalla sua comparsa sulla terra: la sconfitta della morte. Nell'epoca dove è ambientato il film è nota, infatti, una tecnologia in grado di "prolungare" il proprio tempo biologico a piacimento: tutti sono programmati geneticamente per vivere fino a venticinque anni, dopodiché potranno progressivamente aggiungere dell'altro tempo a quello dato loro in dotazione e vivere in base a quanto riescono a guadagnarne. Il tempo è la nuova valuta dell'epoca, anche i singoli secondi diventano una risorsa preziosissima. Nel film vengono sottolineate molto le implicazioni, soprattutto a livello sociale, di tutto ciò: viene presentata una società divisa in veri e propri "ghetti": si va dai "bassifondi" dove si rischia di subire un furto e venire uccisi soltanto per poche ore, così come esistono anche magnati e ricchi con a disposizione interi millenni. Chi può permetterselo, può vivere sostanzialmente per sempre, mentre nei "ghetti" si rischia di morire per strada perché ci si ritrova improvvisamente in rosso. Il protagonista del film, dopo la perdita della madre, proprio in seguito alla "fine" del suo tempo, decide di non poter tollerare oltre le imposizioni del "sistema" né poter veder morire così i suoi amici, e di diventare una sorta di "Robin Hood", rubando i millenni a disposizione dei ricchi e distribuendoli alla gente del suo ghetto.


E' semplice comprendere il messaggio del film. Viene condannata apertamente una società così divisa, e una così diseguale distribuzione della risorsa "tempo". Si parla di una sorta di "capitalismo darwiniano": il più forte sopravvive, il più debole, colui che non riesce a fare abbastanza per sopravvivere e guadagnare tempo a sufficienza, è destinato a soccombere. E Il protagonista trova il coraggio di levare la propria voce contro questa ingiustizia, a costo di diventare un fuorilegge.


Mi vengono in mente alcuni possibili ambiti di ricerca ancora aperti e mi chiedo: Se un giorno divenissimo in grado di produrre in provetta "organi di ricambio" per il nostro
organismo, in maniera da combattere la vecchiaia, quanti sarebbero davvero a poterne beneficiare? Diventerebbero delle tecnologie esclusive, a disposizione di pochi, proprio come il "tempo" del film? E soprattutto, in che misura sarebbe giusto cercare di andare contro il normale ordine delle cose, non consentire più al nostro organismo di ammalarsi né morire naturalmente, meccanismi, che per quanto possano addolorarci, hanno sempre fatto parte di una "selezione naturale" a favore del più forte e hanno permesso il susseguirsi delle generazioni? Si sa oggi che i principali responsabili dell'"invecchiamento cellulare" sono i telomeri, sequenze di DNA che vengono progressivamente perse ad ogni ciclo di replicazione delle cellule. Sono stati effettuati numerosi studi a riguardo, per cercare di identificare una potenziale "fonte di immortalità". Tuttavia, la vita, così come la morte, fa parte di cicli biologici da sempre esistenti sulla terra, e per quanto la perdita dei nostri cari possa addolorarci, venire meno a questo equilibrio significherebbe piegare in tutto e per tutto la natura ai nostri voleri, più di quanto l'umanità non abbia mai osato prima. Se davvero si riuscisse a sconfiggere la morte le implicazioni etiche sarebbero quindi davvero enormi.






Oppure, in ambito ambientale, sono in molti a ritenere che le energie alternative ai combustibili fossili siano già disponibili da tempo, ma per via degli enormi interessi delle cosiddette "multinazionali del petrolio", fra le più grandi potenze economiche mondiali, si sia riusciti a mettere a tacere tali progressi. I loro interessi contano davvero più del portare del bene a un'umanità che muore ogni giorno per via dei veleni immessi nell'atmosfera da tali combustibili?


Mi sento anche di citare il caso delle malattie rare e dei cosiddetti "farmaci orfani". Sono ancora tante le persone che soffrono di queste patologie, ma per le quali nessuno fino ad oggi ha mai effettuato alcuna ricerca, proprio perché sarebbero in troppo pochi ad essere interessati economicamente ai possibili esiti positivi. Eppure queste persone non hanno meno diritto di altre a ricevere cure e aiuto. Una sindrome rara non è meno importante della tanto discussa AIDS o della lotta contro il cancro, argomenti invece quotatissimi.


Senza arrivare a forme estreme come quelle del film, dovremmo cercare di utilizzare in maniera più saggia ed equa i risultati della ricerca scientifica, in qualsiasi ambito, a mio avviso, ad esempio, con severi controlli e monitoraggi effettuati da commissioni etico-scientifiche appositamente predisposte. E’ giusto che tutti possano beneficiarne, soprattutto quando c'è in gioco la salute o persino la vita umana, e il "dio Denaro" dovrebbe esser messo da parte. Questo non significa sminuire in alcun modo il lavoro dei team di ricerca che hanno permesso il raggiungimento di quei risultati, anzi, un adeguato riconoscimento dei loro sforzi tramite premi e onorificenze può costituire una fonte di motivazione per future nuove scoperte, magari ancora più rilevanti e positive delle precedenti.

3 commenti:

  1. Tempo. Denaro. Potore.
    Il film "In time" ha colpito molto anche me.
    Ai nostri giorni tutti dovrebbero beneficiare dei vantaggi delle ricerche,o comunque ottenuti in altri ambiti, allo stesso modo. Penso che tutti sono d'accordo su questo punto.
    Ma anch'io, come te, mi chiedo: è così davvero?
    La ricerca scientifica porta a risultati che vengono usati in maniere equa?
    Il denaro che, nel caso del nostro film, rappresenta la cura ai mali e alla morte è usato esclusivamente per la ricerca? E' solo il denaro l'unico mezzo per poter svolgere una ricerca? La collaborazione scientifica limiterebbe alcuni tipi di problemi? Porterebbe a risultati più vantaggiosi? La collaborazione è migliore del denaro?
    Chi ha davvero il potere?

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  2. In time è un film che mi ha colpita molto, un film che mi ha fatto riflettere sulla vita, su quanto la vita sia preziosa. Pensare che sia legata allo scorrere del tempo fa paura, vivere con il pensiero fisso di quanto tempo ti manca alla morte, di quanto tempo regalare ai tuoi cari affinchè possano vivere ancora. L’intreccio mette in risalto anche il mondo dei ricchi vs il mondo dei poveri, i primi hanno una vita lunghissima da vivere, minuti ..ore..giori..anni..secoli a disposizione, ma del COME vivano tutto questo tempo è discutibile. I secondi invece vivono giorno per giorno, avendo a disposizione poco tempo, vissuto però intensamente..la cosa più importante è non perdere neanche un minuto, correre correre e ancora correre per risparmiare del tempo prezioso che può servire per vivere ancora. Inoltre risalta il disprezzo che i ricchi hanno nei confronti dei poveri..una frase in particolare a mio parere dice tutto “PER POCHI IMMORTALI LA MAGGIORANZA DEVE MORIRE”. Una frase cinica, senza cuore..che ahimè è attuale. Possiamo infatti aprire qui un dibattito sulla vita del Presente..chi vive nell’agio, chi dorme sotto i ponti.. proprio perché i più fortunati vogliono sempre di più sempre di più i poveri si ritrovano ad arrivare a stento a fine mese..con poco tempo (se vogliamo paragonare il tempo del film ai soldi di oggi). Come dicevo prima è importante capire anche COME si vive..qualcuno diceva “meglio vivere un attimo intensamente che una vita nella noia” ed è proprio il punto di questo film.
    Ritroviamo anche nella trama l’emblematico tema del “rubare ai ricchi per donare ai poveri” ed è proprio per questo che chiamiamo il protagonista “Robin Hood”. Will Salas ha dedicato la sua vita a rubare per dare qualche minuto in più alla gente più povera..e mi chiedo..è questo il caso di dire “il fine giustifica i mezzi???”
    Potremmo anche parlare del tema de “l’eterna bellezza”. Il fisico dei personaggi del film si ferma all’età di 25 anni..gli anni passano ma loro non hanno nessun segno della vecchiaia visibile.. e mi chiedo..come sarebbe non avere neanche un segno del tempo che passa, delle tue esperienze sul proprio corpo??
    In ogni caso è un Film che fa riflettere su molte tematiche attuali.Bel film 

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  3. "In time" ha fatto riflettere molto anche me; vi consiglio di guardare "Gattaca", che, in quanto a temi affrontati, è altrettanto interessante. Ad ogni modo, Tiziana espone molteplici casistiche di "ingiustizie scientifiche" , se così possono essere definite. Le sue riflessioni sono giuste, in quanto obiettivamente, purtroppo, spesso e volentieri nel mondo scientifico prevalgono gli interessi economici (che includono la ricerca incentrata principalmente sui "temi caldi", la diffusione di non tutti i progressi fatti etc.) . Tuttavia, per quanto concerne l'ipotesi dell' "immortalità", essa è, senza ombra di dubbio, una prospettiva allettante. E' opportuno sottolineare che "immortalità" non è sinonimo di"felicità" ( un pò come "tanta vita" non significa "buona vita"), ad ogni modo, senza addentrarci nelle conseguenze etiche dell'eliminazione totale della morte, la possibilità di allungare la vita, a mio avviso, non deve essere demonizzata; in fondo la Storia insegna che, negli anni, i progressi scientifici hanno consentito alla vita media di allungarsi (dunque in passato una prospettiva di vita di 80-90 anni era utopistica) e ciò non ha portato a nessuna conseguenza negativa, anzi la "qualità" della vita è anche migliorata. Perchè, dunque, spaventarsi di una prospettiva di vita ancora più lunga? A mio avviso può essere una conquista positiva. Certo, l'immortalità è tutto un altro discorso.

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